Mark Knopfler - Mighty Man - Mark Knopfler's World

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Testi e traduzioni


Mark Knopfler
Tracker

Pubblicazione: 17 marzo 2015
Durata: 60 min : 34 sec
Tracce: 11
Etichetta: Mercury, Verve
Produttore: Mark Knopfler e Guy Fletcher
Registrazione: British Grove Studios (Londra), 2013-2014
Formati: CD, LP



Bonus tracks Deluxe Edition

Bonus tracks Limited Edition Box
Oklahoma Ponies (traditional, con liriche di Knopfler) - 5:19

Bonus track Edizione tedesca
Hot Dog - 2:53


A cura di Francesco Moretti

Immagini.

Immagini in bianco e nero.

Immagini di luoghi d’origine.
Le scogliere di Moher, le contee di Clare, Cork e Sligo, le città di Belfast, Dublino e Kilburn.
Immagini di oggetti di tutti i giorni.
Una scarpa, una bottiglia, un’immagine sacra, un rosario, un medaglione, una vecchia cartolina.
Immagini di volti.
Volti in primo piano, di uomini e donne, giovani e vecchi.
Ogni sguardo un insieme sempre diverso di sensazioni, ogni espressione un mondo da esplorare, ogni sorriso un lampo di umanità, ogni ruga un episodio di vita vissuta.
Immagini di mani.
Mani piccole e grandi, aperte o strette a pugno, giunte o distaccate, tutte quante nodose, segnate dal lavoro.
E immagini di lavoro e di lavoratori, di braccia forti, di gesti faticosi e quotidiani, di volti segnati da anni di quella vita.

“Mighty Man trae ispirazione dalle storie degli scavafossi arrivati nel Regno Unito dall’Irlanda, a costruire tutte quelle infrastrutture che abbiamo ancora oggi, cioè dighe, canali, e più in là nel tempo ferrovie, strade e case.
Le hanno costruite loro, tutte quante.

Così il Nostro a proposito dell’origine di questa struggente e bellissima canzone, scritta in rispettoso omaggio a tutti quegli oscuri e infaticabili lavoratori, di cui nessuno parla o sente parlare, ma il cui contributo, mai abbastanza riconosciuto, risulta essenziale per lo sviluppo ed il miglioramento di qualsiasi zona abitabile del mondo, magari anche la città in cui siamo nati e viviamo.
Ma l’ispirazione non si ferma qui.

Mi è capitato di leggere un bellissimo libro, intitolato “I Could Read The Sky”.
È stato scritto in maniera magistrale da Timothy O’ Grady, ma il fotografo Steve Pyke svolge un ruolo altrettanto importante con i suoi meravigliosi ritratti e scenari.
Un libro davvero commovente.

Ed ai giudizi lusinghieri del Nostro, si unisce la descrizione dello stesso O’ Grady.

“I Could Read The Sky è un racconto che si sviluppa attraverso parole ed immagini.
La storia è quella di un migrante irlandese, che soffre per riprendere possesso della sua vita attingendo ai ricordi.
Ormai è vecchio e solo, e la notte, quando è a letto nell’oscurità della sua stanza, gli tornano in mente i ricordi di una vita di continui spostamenti da un luogo all’altro, di perdite dolorose, di cadute in depressione e pazzia guarite grazie alla musica ed all’amore di una donna.
A volte i suoi ricordi sono in prosa, a volte mediante immagini.
Nessuno dei due modi è lì allo scopo di illustrare l’altro, entrambi sono, legittimamente, due metodi distinti di ricordare.
Anzi, l’atto stesso del ricordare diventa un modo per completare l’esistenza di quest’uomo.

Da questa meticolosa alchimia di parole ed immagini (dalla quale è stato tratto anche un film, dallo stesso titolo, datato 1999, e diretto dalla regista inglese Nichola Bruce), immagini i cui soggetti sono stati riportati all’inizio di questa relazione, il Nostro estrae dal cilindro una piccola, ma stupenda magia, sottoforma di una storia di vita dura, passione, dolore e dignità raccontata ad un figlio, alla quale non ci si può rapportare senza trasporto e commozione, così come ci ricorda, chiosando, lui stesso.

Come ho detto, si tratta di un libro davvero commovente, ed una delle cose che il protagonista dice di saper fare è “saper leggere il cielo”.
Ovviamente, non ho usato quel verso, non avrei mai avuto il coraggio di farlo.
Ma la terza strofa di Mighty Man vede il protagonista fare una lista delle cose che sapeva fare meglio, come lo stare in piedi sulla groppa di un cavallo.
Quella strofa proviene da I Could Read The Sky.”

Esatto.

E, per la precisione, riportiamo anche le altre cose comprese in quella lista.

Sapevo riparare reti da pesca, impagliare il tetto di una capanna, costruire scale, fabbricare cesti con i giunchi, steccare le zampe delle mucche, combattere per tre riprese con Joe sul ring costruito da mio padre nel fienile.
Sapevo ballare, leggere il cielo, costruire barili per gli sgombri, riparare strade, costruire barche, imbottire selle per cavalli, montare le ruote sui carri, fare un buon affare, badare ai campi, lavorare con il tornio, il trattore e la trebbiatrice.
Sapevo leggere il mare, sparare dritto, fabbricare scarpe, tosare le pecore, ricordare le poesie, pelare le patate, usare l’aratro e l’erpice, leggere il vento, fare l’apicoltore, collegare le stradine tra loro, costruire una bara, bermi un bicchiere.
Sapevo fare paura con le mie storie di fantasmi.
E sapevo suonare ventisette canzoni con la mia fisarmonica.

Davvero tante, ma la sorte avversa ha fatto in modo che quest’uomo si rompesse la schiena a forza di usare pala e piccone.
Poi c’è anche una lista di cose che il protagonista proprio non sapeva fare per niente, ed anche quella riportiamo.

Invece, ecco cosa non riesco proprio a fare.
Non riesco a mangiare una pietanza senza patate, a fidarmi delle banche, a portare un orologio da polso, a chiedere ad una donna di uscire a fare una passeggiata, a lavorare coi tubi di scarico o con oggetti più piccoli di un’unghia, a guidare un’automobile, a mangiare pomodori, a ricordarmi i percorsi degli autobus, a indossare giacca e cravatta senza provare fastidio, a vincere a carte, a riconoscere la Regina, a sopportare chi parla a voce alta, a salutare ed andare via secondo il galateo, a risparmiare denaro, a farmi piacere il lavoro in fabbrica, a bere caffè, a guardare dentro una ferita profonda, a seguire le partite di cricket, a capire il linguaggio di un uomo di West Kerry, ad indossare stivali o scarpe fatte con la gomma, a prevalere su P.J. in una discussione, a parlare con la gente in giacca e cravatta, a stare a galla nell’acqua, a capire le loro battute, ad andare dal dentista, a lavorare alla domenica, a smettere di ricordare.”

Ecco, smettere di ricordare.
La cosa che, personalmente, auguro a tutti di non riuscire mai a fare.

Al prossimo ricordo.


Grande uomo

Una stanza all’ultimo piano,
ed il torace ormai a pezzi,
due dita che non si muovono più,
e la schiena che fa un male d’inferno.
Colpa di una vita passata a scavare fossi,
al freddo e sotto la pioggia,
ed a costruire la metà delle strade, anche in Inghilterra.

Finivi di lavorare in un posto,
e dovevi subito andare in un altro,
e non potevi aver fissa dimora,
ed eri sempre da solo.
Ero solo un vagabondo in un limbo,
ma era meglio che andassi via, figliolo,
ero solo uno delle migliaia di persone che non poterono mai tornare a casa.

È questo il tuo grande uomo, figliolo,
il tuo grande uomo.

Eh sì, il viaggio in nave e in treno,
in un fosco novembre,
avevamo gli alloggi peggiori,
e odiavamo i sottocapi.
Il volto di mia madre alla partenza,
me lo ricorderò per sempre,
e non venivamo pagati finché non chiudevano i pub.

Però sapevo stare in piedi sulla groppa di un cavallo,
ero io che cantavo, se c’era da cantare,
sapevo stare in guardia e cavarmela, se c’era da tirare di boxe,
alla fiera, là nella brughiera.
Sapevo suonare la mia fisarmonica,
e affascinare tutte le donne,
e sapevo ballare, nella sala del bar, con una sedia tra i denti.

È questo il tuo grande uomo, figliolo,
il tuo grande uomo.
È questo il tuo grande uomo, figliolo,
il tuo grande uomo.


Lyrics

Mighty Man

A room on the top floor,
and the chest all but knackered,
two fingers not working,
and the back’s shot to hell.
It’s a lifetime of digging trenches,
in the cold and wet weather,
and for laying half the roadway, in England as well.

You’d finish in one place,
it was straight to the next one,
and you never could settle,
and you were always alone.
Just a drifter in limbo,
i was best off away, son,
just one of the thousands who could never go home.

That’s your mighty man, son,
your mighty man.

Well, the boat and the train ride,
in a misty november,
we had the worst of the lodgings,
and we hated the subs.
Ma’s face on the leaving,
i will always remember,
and we wouldn’t get paid until they had closed up their pubs.

And i could stand up on horseback,
was the man for the singing,
put my hand up for boxing,
at the fairground on the heath.
I could play my accordion,
and charm all of the women,
and dance ‘round the taproom with a chair in my teeth.

That’s your mighty man, son,
your mighty man.
That’s your mighty man, son,
your mighty man.




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