A cura di Francesco Moretti
Il cricket è uno dei tanti sport che la Gran Bretagna ha contribuito a diffondere nel mondo.
Nella fattispecie, parafrasando la definizione data al suo figlioccio americano, cioè il baseball, si tratta del passatempo nazionale britannico.
Sicuramente questo sport ha un ascendente particolare sul Nostro, sia figurato che reale.
Ricordiamo infatti come una partita di cricket sia lo scenario utilizzato da Knopfler per lo stupendo inno ai caduti di guerra Remembrance Day, e come lo stesso Nostro gradisca, ogni tanto, sia presenziare a partite che incontrare campioni di quello sport, come testifica un servizio fotografico, risalente ad alcuni anni fa, insieme al grandissimo campione indiano Sachim Tendulkar, con tanto di scambio reciproco di doni autografati (Stratocaster MK Signature rossa contro mazza da gioco preferita).
In questa, apparentemente, piccola canzone che è Heart Of Oak, Mark ha voluto invece, almeno a mio modesto parere, celebrare il ricordo di un grande atleta inglese del passato, della sua figura imponente, carismatica e leggendaria, e dell’impatto che ebbe su quello sport e sulle folle che assistettero alle sue formidabili prestazioni.
Oltre a lasciare intendere che, dietro a questa descrizione, ci sia quella dell’attuale se stesso, ma a quello arriveremo in seguito.
Cominciamo senz’altro dall’identificazione del personaggio protagonista del brano.
Ora, io di cricket, per intenderci, mi intendo come di fisica nucleare, cioè niente.
E la premessa che faccio è che non ho, purtroppo, la certezza che il personaggio in questione sia proprio quello, in quanto non sono riuscito a trovare, in tutto il Worldwide Web, riferimenti di Knopfler stesso a proposito.
Ma il linguaggio ed il tono utilizzati dal Nostro per raffigurare questa persona sono troppo netti e precisi per non pensare che si tratti di un giocatore davvero famoso, in particolare il versetto “the Englishman who had it all” (l’Inglese che vinse tutto), atto ad identificare un grande sportivo di quel paese.
E allora, cercando e cercando, ecco imbattermi nel profilo del leggendario giocatore inglese William Gilbert Grace, per gli appassionati semplicemente W.G. Grace.
La scelta è caduta su di lui in quanto le attinenze del testo con questo omone nato a Downend, dapprima villaggio, ed ora quartiere periferico della città metropolitana di Bristol, il 18 luglio del 1848, e morto 67 anni più tardi, il 23 ottobre 1915 a Mottingham, nel Kent, sono davvero impressionanti.
Al punto da meritare un’analisi approfondita del testo, che adesso vado ad eseguire.
(1) Ah, quanto era bravo ad appassionare la folla… (And how he used to thrill the crowd…):
W.G. Grace, come si suol dire adesso, fu un Game Changer.
Nel senso che rivoluzionò, con la sua possanza, il ruolo del battitore, e portò per la prima volta nella storia del cricket, il pubblico ad assistere in massa alle partite in cui lui giocava, trasformando questo sport, come detto prima, nel passatempo nazionale britannico.
Un po’ come fece, anni più tardi, George Herman “Babe” Ruth nel baseball americano (e le somiglianze, sia fisiche che di prestazioni, tra i due, sono notevoli…).
(2) …l’occhio attento con mazza e pallina. (...the ready eye with bat and ball.):
Grace eccelleva sia come “batter”, cioè come battitore, vista la sua grande potenza, che come “bowler”, cioè lanciatore, che come “fielder”, cioè difensore (della propria zona di campo), mettendo insieme statistiche eccellenti in tutti e tre i ruoli.
Al giorno d’oggi, molti grandi di questo sport si distinguono in quel modo, a quei tempi, invece, era un fatto rivoluzionario e spettacolare.
(3) Il combattente del villaggio, dal fiero cipiglio… (The village fighter, heavy browed…):
Sulle origini di Grace ed il suo luogo di nascita già ho scritto.
Quanto alla sua indole di combattente, basti sapere che era un atleta competitivo al massimo, al punto di giocare ai limiti del lecito pur di vincere, ed il suo “fiero cipiglio” è ben visibile nelle fotografie che lo ritraggono in primo piano, barba folta e sopracciglia costantemente aggrottate ed occhi a fessura, ad intimidire gli avversari.
Poche altre volte, come si dice in gergo, un’immagine è valsa più di mille parole…
(4) ...l’Inglese che vinse tutto. (...the Englishman who had it all.):
Solo per citare qualche statistica, 892 partite giocate tra Test Matches e First Class Matches, più di 55.000 punti segnati in totale, 126 Centuries (100 punti segnati in un singolo turno in battuta) totali messi a segno in carriera, e chi più ne abbia, più ne metta.
Secondo Rowland Bowen, parecchi dei risultati raggiunti da Grace erano fenomenali per gli standard di allora, ma sarebbero giudicati estremamente validi anche secondo quelli di oggi.
(5) Un uomo possente, che dava tutto se stesso… (A mighty shoulder to the wheel…):
L’espressione “to put one's shoulder to the wheel” significa “impegnarsi al massimo, lavorare strenuamente”, e ben si sposa con l’indole estremamente competitiva di Grace, che odiava perdere e dava tutto se stesso per evitare la sconfitta.
E la sua possanza fisica, data dal suo 1,88 di altezza per più di 100 chili di peso (torreggiava sugli avversari, e la sua figura era inconfondibile per gli spettatori), ovviamente, lo aiutava tantissimo.
(6) …che andava in battaglia coi migliori. (...to join in battle with the best.):
Grace affrontò, molto spesso vincendo, i migliori giocatori della sua epoca, sia come membro delle varie squadre di club in cui militò (Marylebone Cricket Club, Gloucestershire, London Club eccetera), che come atleta di spicco della nazionale d’Inghilterra.
(7) Il braccio ferreo, la volontà di acciaio… (The iron arm, the will of steel…):
Nel periodo migliore della sua carriera, Grace era noto anche per essere un fortissimo tiratore quando si trovava a giocare come “fielder”, al punto che, durante un evento ad Eastbourne, scagliò la pallina da cricket ad una distanza di oltre 111 metri, attribuendo il suo talento alla pratica, per i ragazzi di allora giornaliera e certosina, del tirare sassate ai corvi.
(8) ...ed un coraggio da leone per piangere tutti gli altri. (...and heart of oak to mourn the rest.):
La vita, oltre a dargli soddisfazioni e risultati prestigiosi nello sport, gli presentò un altissimo e terribile conto sottoforma di persone care perdute tragicamente.
A partire dal padre, Henry Mills Grace, morto nel 1871 durante la migliore stagione sportiva del figlio, per passare al fratello più giovane, Fred, morto di polmonite ad appena trent’anni, nel 1880.
Quattro anni più tardi fu la volta della madre, Martha Pocock, all’età di 72 anni.
Ma le due peggiori tragedie furono la morte, a causa del tifo, della prediletta figlia Bessie, alla giovanissima età di vent’anni, seguita da quella del suo primogenito William Gilbert junior, nel 1905, a trent’anni, a causa di un’appendicite.
Grace ebbe la forza di superare queste terribili disgrazie solo grazie al suo coraggio da leone, quivi descritto dalla bellissima espressione “Heart Of Oak” (“Cuore Di Quercia”), stante ad indicare la parte più interna del tronco del suddetto albero, quella che fornisce il legno più duro e resistente, con il quale, un tempo, venivano costruiti anche gli scafi delle imbarcazioni.
Niente male, vero?
La seconda strofa, che tratterò per sommi capi, in modo da essere più breve, tratta del declino di questo grande personaggio, avvenuto nel corso degli anni un po’ grazie all’avanzare dell’età, un po’ grazie anche alla sua professione di medico generico, per la quale studiò, raggiungendo la laurea un poco in ritardo (aveva 31 anni).
Ma la sua grandissima forza di volontà gli permise, seppur con un po’ meno continuità nelle prestazioni, di portare avandi la carriera sportiva per oltre 40 anni (sì, avete letto bene, OLTRE QUARANT’ANNI), ritirandosi dal First Class Circuit nel 1908, a 60 anni di età, ma continuando a giocare partite minori addirittura fino al 1914!
Il suo coraggio da leone non lo salvò, purtroppo, dalla morte per attacco cardiaco un anno dopo, ma il resto della nazione, scioccato da questa notizia, ebbe modo di rendergli il giusto omaggio e di piangere su “ciò che era rimasto” di lui, cioè un’inestimabile eredità, non solo sportiva, ma anche umana (Grace era tanto agguerrito, determinato e avido da sportivo, quanto generoso e di animo nobile da medico, evitando spesso e volentieri di chiedere il conto delle cure ai pazienti delle famiglie più povere).
Un grande personaggio ed una grande persona, punto.
E qui arriviamo a parlare del Nostro, a mio modo di vedere nascosto tra le pieghe della descrizione di W.G. Grace.
Perché?
Perché, se ci pensiamo bene, i due personaggi qualche analogia ce l’hanno.
Intanto, entrambi hanno una carriera ultraquarantennale (e spero, per Mark, anche per più anni), entrambi hanno entusiasmato le folle accorse per vederli (nel caso del Nostro, invece di mazza e pallina, con la chitarra ed il microfono), entrambi hanno ottenuto grandissimi risultati nelle loro carriere (l’uno nei riconoscimenti sportivi, l’altro in quelli artistici), entrambi hanno avuto quell’Heart Of Oak, ovvero quel coraggio da leone, necessario per superare i momenti difficili delle loro vite.
Ed entrambi, per concludere, sono invecchiati continuando imperterriti, seppure con un graduale e lento declino (Knopfler continua a dire, al giorno d’oggi, che non si esercita più come un tempo sulla chitarra, suonando, a suo dire, come un idraulico…), a fare quello che più loro piaceva, con lo stesso, grande successo dei tempi migliori.
La chiave di lettura riguardo al Nostro, sempreché sia quella giusta, prevede lo stesso epilogo di quella del suo illustre alter ego sportivo?
Per l’eredità artistica ed umana lo spero, anzi, ne sono certo.
Per la parte temporale, beh, come dice quel detto, per pagare e per morire c’è sempre tempo.
E, d’altronde, chi vi dice che i personaggi descritti in questa relazione siano proprio William Gilbert Grace e Mark Knopfler?
Il Nostro mica lo ha mai affermato, sapete?
Quindi le mie sono, fino a prova contraria, solo supposizioni…
Al prossimo ricordo.
Heart of Oak
And how he used to thrill the crowd,
the ready eye with bat and ball.
The village fighter, heavy browed,
the Englishman who had it all.
A mighty shoulder to the wheel,
to join in battle with the best.
The iron arm, the will of steel,
and heart of oak to mourn the rest.
A power harnessed to the game,
once yoked and tempered, fades away.
The willing arm, the steady aim,
the youth and fire that won the day.
As twilight shadows dim the field,
the ageing fighter stands bereft.
With just the will to never yield,
And heart of oak to mourn what’s left.
Lyrics
Un coraggio da leone (un cuore di quercia)
Ah, quanto era bravo ad appassionare la folla,
l’occhio attento con mazza e pallina.
Il combattente del villaggio, dal fiero cipiglio,
l’Inglese che vinse tutto.
Un uomo possente, che dava tutto se stesso,
che andava in battaglia coi migliori.
Il braccio ferreo, la volontà di acciaio,
ed un coraggio da leone per piangere tutti gli altri.
Quella potenza sfruttata dal gioco,
un tempo adusa e temprata, pian piano svanisce.
Il braccio pronto al lancio, la mira precisa,
la gioventù ed il fuoco che lo resero vittorioso.
Mentre le ombre del crepuscolo offuscano il campo,
il vecchio combattente resta lì, privato di ciò che ama.
Con la sola volontà di non cedere mai,
ed un coraggio da leone per piangere su ciò che è rimasto.