A cura di Francesco Moretti
“La tua vita è sempre piena, quando ti piace il lavoro che fai.
E, di tanto in tanto, ti accadono cose che non ti aspetti, per le quali devi trovare tempo tra un impegno già pianificato e l’altro.
Nel mio caso, gli eventi inattesi furono due tour, uno in Europa e l’altro in America, con Bob Dylan.
Personalmente sono felice che siano capitati, perché da queste due esperienze ha preso forma una parte del materiale presente in questo album.”
Questa preziosa dichiarazione del Nostro, originata dalle sue rimembranze delle passate tournée, ci fa da introduzione alle prossime due canzoni di Tracker.
Naturalmente cominciamo dalla prima di queste, cioè Lights Of Taormina, e subito ci accorgiamo trattarsi di una deliziosa mescolanza di ricordi amorosi passati, riferimenti di storia antica ed allusioni, mediante quegli stessi riferimenti ed altre frasi, all’identità del protagonista, un apparentemente anonimo innamorato, triste per la mancanza della sua amata, che lui stesso si è lasciato sfuggire, come riportato nella prima strofa.
Ma ci è sufficiente una rilettura un poco approfondita del testo, per capire che di anonimo, questo protagonista, alla fine ha ben poco, ed il Nostro, con quest’altra dichiarazione, ci fuga da ogni dubbio:
“Ero in tour in Europa, e Bob Dylan fece tappa a Taormina poco tempo prima che arrivassimo noi.
Presi alloggio nella stessa stanza in cui stette lui, durante il suo soggiorno.
Si trovava proprio sopra ed a poca distanza dal luogo del concerto, un antico e splendido anfiteatro.
Rimasi sulla terrazza di quella stanza a lungo, dopo che terminammo il nostro spettacolo, e quel panorama mi fece pensare a tantissime cose.
Il giorno dopo, lessi un articolo che diceva che anche Bob passò un sacco di tempo su quella balconata ad osservare quello stupendo paesaggio.
Immaginavo che potessimo avere sperimentato lo stesso tipo di sensazioni, in quel luogo.
Ed io non so se sarei riuscito a scrivere questa canzone, senza quell’esperienza provata laggiù.”
Ed ecco quindi che, grazie a queste parole, l’identità del protagonista si fa chiara, e risulta essere quella di Bob Dylan stesso.
Un Dylan addirittura antecedente quello accompagnato nei due tour nominati prima, ritratto sotto le spoglie di un uomo triste per il suo perduto amore (un amore che, immagino, sia frutto della fantasia del Nostro, in quanto non ci sono riferimenti reali ad un’eventuale storia d’amore di Bob Dylan terminata in quel periodo), rimasto solo con i suoi ricordi, a rimirare di notte, dall’alto, le luci dell’antica Tauromenion, come la chiamavano i Greci Calcidesi, fondatori di Naxos e trasferitisi lì dopo l’eccidio avvenuto in quella stessa città nel 403 a.C., occupando una terrazza naturale alle pendici del monte Tauro, che prese il nome da quello stesso monte e dall’espressione greca “menein”, che significa “restare, rimanere”.
In questa ballata dall’arrangiamento allegro, in cui svetta il suono di una Stratocaster del 1964 modificata per fare la slide guitar, il Nostro si diverte a giocare con Dylan, dipingendolo come un amante focoso, in preda a un desiderio soffocante, nello scenario delle pendici del Vulcano, ovvero l’Etna, ben visibile in lontananza, ed ancora memore dei baci della sua perduta amata, dolci e sapidi come un buon Mamertino rosso, vino tipico della provincia di Messina.
E questo solo nella seconda strofa.
Nell’intermezzo, lo vediamo immerso nei ricordi “di una vita fa”, quando viveva la sua storia d’amore lungo la spiaggia, con lei a chiamarlo “Il Suo Dolce Senor”, un chiaro riferimento alla stupenda ballata, intitolata proprio Senor, presente nell’album Street Legal del 1978.
Nella terza strofa, invece, assistiamo ad un azzeccato colpo di genio del Nostro, che paragona il pubblico acclamante del concerto di Dylan alla folla che, nei tempi addietro, riservava quello stesso trattamento per l’Imperatore di Roma.
Con il Menestrello stesso che viene paragonato ad un imperatore romano, che “venne, vide e conquistò”, proprio come Caio Giulio Cesare, che venne, vide e vinse a Zela nel 47 a.C. (una citazione che dobbiamo considerare come licenza poetica del Nostro, in quanto l’imperatore che ebbe a che fare con Taormina fu il di lui figlio Ottaviano Augusto, che la riconquistò dalle truppe di Sesto Pompeo nel 36 a.C.).
Con la non trascurabile differenza che a Dylan, queste manifestazioni di giubilo e devozione, non vanno granché a genio, come riportato nella canzone, e come poi avremmo visto tutti in occasione dell’assegnazione del premio Nobel.
Infine, nella quarta ed ultima strofa, che comincia con un raffinato riferimento alla celeberrima canzone Chimes Of Freedom, camuffata sotto la dicitura Chimes Of History, ovvero Campane Della Storia, ascoltate dal Dylan immaginato dal Nostro, ecco svariati richiami, sia alla storia che alla letteratura mitologica riguardante quelle zone di mondo.
Come, per esempio, quello all’Iliade, con i suoi miti di dei e di uomini eroici a risuonare per l’eternità.
Miti che, però, hanno tratto origine da episodi reali, come le tante guerre combattute nei territori del bacino mediterraneo, non ultima quella di Troia, dichiarata, si racconta, per vendicare il rapimento di Elena di Sparta, moglie del condottiero Menelao, da parte del principe troiano Paride.
Per finire con il ricordo di Cartagine, che fu alleata delle popolazioni che divennero tauromenitane, minacciate da Dionisio, tiranno di Siracusa, e che si trasferirono là, spinte dal consiglio di Imilcone, un grande condottiero cartaginese.
Concludendo, possiamo considerare Lights Of Taormina come un originale, sentito ed appropriato omaggio ad un grande cantautore ed affabulatore della storia della musica moderna, da parte di un suo pari, almeno a mio parere, con in più questo piccolo compendio di storia antica e di mitologia, narrato magistralmente e musicato come dio comanda dal Nostro, al punto da consigliarne, lo dico a mo’ di piccola provocazione, l’utilizzo sui banchi di scuola.
Al prossimo ricordo.
Le luci di Taormina
Si sentono risate nell’oscurità,
musica che giunge, in lontananza, dalla baia.
Lui un po’ ascolta e un po’ si chiede
come abbia potuto lasciare che lei andasse via.
È accaduto tanto tempo fa, ma ancora oggi vuol sapere
se qualcuno l’abbia vista da qualche parte.
Ed è lì, seduto nella notte,
ad osservare, dall’alto, le luci di Taormina.
Erano giovani, e l’amore risplendeva
come i colori dell’arcobaleno.
Il desiderio toglieva loro il fiato,
l’amore era ardente, sotto le pendici del vulcano.
Può ancora immaginare il gusto dei suoi baci,
dolci come il vino rosso di Messina.
E ora è lì, seduto nella notte,
ad osservare, dall’alto, le luci di Taormina.
Gli sembra quasi una vita fa,
quando passeggiavano lungo la spiaggia.
Gli sembra quasi una vita fa,
lei amava chiamarlo “Il Suo Dolce Senor”.
Forse, in un’altra vita,
lungo un sentiero che conduce al mare,
forse saranno là.
La folla acclama l’imperatore,
alza le mani per salutare un altro re.
Ma lui è stato un vagabondo per troppo tempo,
un’altra folla, ormai, non gli significa nulla.
Venne, vide, conquistò,
diecimila voci ruggirono nell’arena.
E ora è lì, seduto nella notte,
ad osservare, dall’alto, le luci di Taormina.
Lui sente le campane della storia,
miti di dei ed uomini che risuonano in eterno.
Antichi sogni in tutto il loro mistero,
guerre per la Sicilia e per le donne Spartane.
Nelle nebbie dell’antichità,
navi da guerra salpavano da Cartagine.
E ora è lì, seduto nella notte,
ad osservare, dall’alto, le luci di Taormina.
Seduto nella notte,
ad osservare, dall’alto, le luci di Taormina.
Lyrics