A cura di Francesco Moretti
“Quando ero un ragazzino, avevo un lavoro al sabato pomeriggio, come copista all’Evening Chronicle di Newcastle, che mi fruttava sei scellini e sei pence.
In redazione con noi c’era uno strano tipo, palesemente burbero e scontroso, chiaramente troppo vecchio e decisamente più eccentrico di tutti gli altri suoi colleghi in giacca e cravatta.
Come ho poi scoperto, si trattava del poeta Basil Bunting.”
Questo ricordo di adolescenza del Nostro ci introduce alla seconda canzone, a mio parere una delle più belle dell’intero album, ovvero il ritratto, struggente, di un grande poeta suo concittadino.
Basil Cheesman Bunting, nato a Bernwell and Scotswood, un distretto di Newcastle, il 1 Marzo del 1900, e morto 85 anni più tardi ad Hexham, una cittadina giusto a sud del fiume Tyne, fu uno dei maggiori esponenti del genere modernista britannico, con uno spiccato interesse per la musica, che lo portò ad enfatizzare le qualità sonore della poesia, in particolar modo l’importanza di leggere i componimenti ad alta voce.
La sua educazione (era nato in una famiglia quacchera) influenzò fortemente il suo pacifismo e la sua opposizione alla Prima Guerra Mondiale, tanto che nel 1918 fu arrestato come obiettore di coscienza, per aver rifiutato di rispondere alla chiamata alle armi, e condannato ad una pena detentiva di oltre un anno.
Dopo la sua liberazione, nel 1919, si spostò a Londra, iscrivendosi alla London School of Economics, venendo per la prima volta a contatto col mondo del giornalismo e dell’attivismo sociale, e venendo introdotto ai lavori di Ezra Pound dalla scrittrice gallese Nina Hamnett, il cui esempio lo portò a traslocare a Parigi, senza raggiungere la laurea per la quale studiava.
Là divenne amico con lo stesso Pound, che gli dedicò, anni più tardi, la sua “Guide to Kulchur” e contribuì alla maturazione dello stile poetico di Bunting, e scrisse diversi articoli per la rivista “The Outlook”, diventandone il critico musicale fino alla sua chiusura, nel 1928.
In possesso di un carattere complicato e pieno di sfaccettature (il poeta americano Louis Zukofski, suo grande amico, lo descrisse come conservatore, antifascista e imperialista allo stesso tempo), Bunting prestò servizio, durante la Seconda Guerra Mondiale, nei Servizi Segreti Britannici in Iran, allora chiamata Persia.
Laggiù sposò una donna del luogo, Sima Alladian, divenne corrispondente, dopo la fine della guerra, del Times di Londra, e continuò il suo lavovo di intelligence con la compagnia petrolifera anglo-iraniana Tehran, fino alla sua espulsione dal paese ad opera del Primo Ministro Mohammad Mossadegh nel 1952.
Tornato a Newcastle, trovò lavoro come giornalista al quotidiano cittadino Evening Chronicle, ed è qui che il Nostro, allora giovanissimo, lo incontrò.
“Mi affascinò fin dal primo momento.
Era senza ombra di dubbio troppo vecchio per quel lavoro e per niente contento di farlo, anzi, chissà cosa avrebbe dato per fare cose ben differenti.
Da allora ho cominciato a pensare a lui, ed ho finito per leggere i suoi libri con l’andare avanti degli anni.
In quel periodo, scrisse e pubblicò “Briggflatts”, la sua opera più importante, che destò grandissimo interese nel mondo letterario e gli permise, seppur per un periodo di tempo limitato, di lasciare il giornale e di andare in America, a godersi, finalmente, un po’ di meritato successo con la letteratura.”
Col titolo derivato dal nome di un ritrovo religioso quacchero vicino a Sedbergh, nella regione di Cumbria in Inghilterra, e diviso in cinque parti, “Briggflatts” è un lungo poema autobiografico, in cui l’autore parla dell’amore di gioventù perduto (come citato dal Nostro in uno dei versi della canzone), del suo coinvolgimento nel periodo del modermismo poetico, ed in cui riflette a lungo e medita sui limiti della vita umana, celebrando nel contempo la cultura ed il dialetto della sua regione di origine, il Northumberland.
Il valore di questo lungo componimento fu tale da spingere l'influente critico letterario inglese Cyril Connolly a definirlo come “il più grande poema epico dai tempi di “The Waste Land” di T.S. Eliot.”
Ma, nonostante il riconoscimento ricevuto per “Briggflats”, la vita di Basil Bunting non decollò mai.
Memore anche, forse, dei fatti avventurosi ma tumultuosi che lo riguardarono in anni precedenti, Bunting sviluppò un’avversione ed una rassegnazione verso quel mondo, che lui stesso aveva cercato di cambiare, tale da saltare agli occhi del Nostro allora, e da saltare agli occhi ed alle orecchie di noi ascoltatori adesso.
È, infatti, di una bellezza commovente il contrasto tra l’atmosfera gioiosa delle immagini di Newcastle e della giovanile spavalderia del Nostro, pronto ad affrontare il mondo che lo aspetta, finemente descritte nei versi e nei due primi ritornelli della canzone, con la mesta amarezza del poeta che, ormai arrivato ad un’età tarda, di quel mondo ha visto e capito tanto, compresi i suoi lati oscuri.
Ma con ancora la voglia di cambiarlo pur senza poterci riuscire, al punto di esprimere, nel terzo ritornello, quello che, personalmente, considero il suo grande lamento.
Vale a dire la rinuncia, dolorosissima, alla gioia di vivere, alla contemplazione della bellezza delle sue poesie, in cambio della mera, ma necessaria sopravvivenza, fatta di parole usa-e-getta degne degli scribacchini in mezzo ai quali è costretto a lavorare per mantenersi e, in senso figurato, a “seppellirvicisi”.
“Questa canzone parla, chiaramente, di noi due, e dell’atteggiamento differente che avevamo verso la nostra esistenza.
Vedi, quando hai quattordici o quindici anni non sei che un ragazzino vivace e spavaldo, e credi che il mondo sia lì, ad aspettare solo te, affinché lo conquisti e lo cambi a tua misura.
Per Basil, la cosa era differente.
Avevo scoperto che, piano piano, il tempo aveva agito su di lui, e gli aveva cambiato la visione della vita.
Io ero all’inizio della mia esistenza, impegnato a pensare alla mia prima ragazza, alle chitarre ed al mio futuro roseo, mentre Basil era alla fine, all’altro capo della vita.
Io ero pronto per il mondo, e lui lo aveva già visto.
Ed ora, naturalmente, vedo il mondo, in maniera sempre maggiore, dal punto di vista di Basil.”
Un punto di vista che, andando avanti con l’età pure noi, si finisce per condividere?
Al prossimo ricordo.
Basil
Il mio lavoro al sabato mi frutta sei scellini e sei pence,
copista all’Evening Chronicle.
Cinque sigarette e due mezze corone d’argento,
mi incontro con Vince da Mark Toney’s (1), giù in città, mamma mia, se siamo ganzi…
Basil è lì, seduto al tavolo dei viceredattori,
ma non somiglia ai suoi colleghi, vestiti in camicia di nylon.
Un vecchio maglione blu addosso, troppo vecchio per quel lavoro,
annoiato a morte
dalla gente qualunque (2).
Sono poco più che un ragazzino spavaldo,
e sono pronto per il mondo.
E ho baciato una ragazza di Gateshead…
Chiede a gran voce di un copista, burbero come non mai,
si sa, i poeti devono mangiare anche loro...
Cosa non darebbe solo per andarsene via quest’oggi,
per aver tempo di pensare al tempo che passa,
e all’amore di gioventù gettato al vento.
Sono poco più che un ragazzino spavaldo,
e sono pronto per il mondo.
E ho baciato una ragazza di Gateshead… (3)
Storni che sciamano a nugoli,
sopra Grainger Street,
sopra la Chiesa Nera,
sopra il Cancello Nero,
e la Fortezza ombrosa (4).
Dà un’occhiata, attraverso i suoi occhiali a montatura sottile,
alle parole da quattro soldi (5) che, si suppone, debba sfornare per poi dimenticarsene.
Il suo tran tran, in questo momento, è appena offuscato
dal fumo di una delle sue sigarette Players senza filtro.
Seppellire tutta quanta la gioia,
chiudere le mie poesie dentro dei sacchi,
e seppellirmi qui, coi pennivendoli da strapazzo...
In estate, la fiera
si estenderà su tutta la Brughiera (6), gli innamorati si metteranno a far l’amore nel parco.
Basil indossa il suo vecchio montgomery e la sciarpa,
ed esce nell’oscurità.
Lyrics
Basil
My saturday job pays six and six down,
a copy boy at the Chronicle.
Five cigarettes and two silver half crowns,
meeting Vince at Mark Toney’s (1) in town, boy, do we get around…
Basil sits there, at the table for subs,
but not a part of the Bri-Nylon club.
Ancient blue sweater, too old for the job,
bored out of his mind
with the Colins and Bobs (2).
I’m a jack and a lad,
and i’m up for the world.
And i’ve kissed a Gateshead girl…
He calls for a copy boy, grumpy as hell,
poets have to eat as well...
What he wouldn’t give just to walk out today,
to have time to think about time,
and young love thrown away.
I’m a jack and a lad,
and i’m up for the world.
And i’ve kissed a Gateshead girl… (3)
Starlings swarming a cloud,
over Grainger Street,
over the Black Church,
over the Black Gate,
and the shadowy Keep (4).
He peers through his wire rims,
at the fish-and-chip words (5) he’s supposed to dish up and forget.
His drudgery, now, has become slightly blurred
by one of his Players untipped cigarettes.
Bury all joy,
put the poems in sacks,
and bury me here, with the hacks...
In the summer, the fair
will stretch over the Moor (6), lovers will lie and make out in the park.
Basil puts on his old duffel and scarf,
and goes out into the dark.