A cura di Francesco Moretti
“E allora, ragazzo? Hai versato o no?”
“Sì, Capitano. Ma è il secondo grog di fila che butti giù in pochi minuti, e non…”
“Ragazzo, vuoi sentire le mie storie? Allora versa, e non fare domande!”
“Va bene, Capitano, come vuoi…”
“Ecco, così va meglio. Bene, ora ti racconterò di un tizio che conosco, Lui, sul grog, sembrava navigarci, da quanto ne beveva, altro che il sottoscritto. Per intenderci, storia grama la sua. Siete sicuri di volerla sentire? Sì? Bene, allora comincio…”
Questa seconda storia è una ballata acustica dall’arrangiamento scarno, ma di grande atmosfera (chitarra acustica, voce e…fischiettio!).
Del protagonista non si conosce l’identità o la provenienza, ma se ne intuisce la non altissima posizione sociale fin dalle prime due strofe, dove racconta di sé e del suo umile lavoro (commesso di negozio e/o magazziniere, questo pare di capire…) quasi come il condannato all’ergastolo racconterebbe del lento scorrere del tempo che scandisce lo scontare della sua pena.
L’unica valvola di sfogo a queste giornate uguali e dure sembra essere, sempre secondo la narrazione del protagonista, il pub, evidentemente l’unico posto dove egli possa scambiare due chiacchiere e dimenticare per qualche minuto i suoi problemi, soprattutto bevendo in abbondanza gli alcoolici venduti in quel luogo.
E difatti, nel prosieguo della canzone, risulta evidente all’ascoltatore che a parlare sia l’alcool, piuttosto che l’uomo.
Quell’alcool che gli da una finestra di sogno e di oblio, raffigurata dalla volontà di salpare alla volta di terre lontane, navigando su di un fiume di grog, la bevanda a base di rum e acqua facente parte delle razioni sia dei marinai comuni di un tempo, che dei pirati.
Ma anche quell’alcool che, una volta assestatosi l’effetto inebriante (il vedere doppio, con la consapevolezza del fatto che non può essere la realtà), acuisce ed accentua lo stato di tristezza e prostrazione di quest’uomo, al punto di fargli desiderare la dipartita da questo mondo, affondando, appesantito da un fardello di pietre, nelle profondità putride e fangose di un pantano,
lontano dagli occhi della gente, desiderio fortunatamente rimasto nell’ambito delle intenzioni, e non tramutatosi in un fatto vero.
Per poi, passata la sbornia, riprendere la vita di sempre, sepolto, è la parola esatta, dal lavoro, e con le aspirazioni tarpate dall’ineluttabilità di quella mesta situazione esistenziale.
Non ci è dato sapere da dove il Nostro abbia tratto lo spunto per questo brano e per il suo protagonista, anche se alcuni rimandi possono farci pensare ad un misto di realtà e fantasia, con alcuni elementi tratti dalla vita reale ed altri dalla letteratura, con un pizzico, e non sarebbe una novità, di raffigurazione personale dell’autore.
A cosa mi riferisco?
Ai due locali citati al termine della prima strofa, il Coal Hole ed il Nine-Foot Drop, pub realmente esistente il primo, locato tra i numeri 91 e 92 di Strand, a Londra, ed invece fittizio il secondo, raffigurato nel libro “Aprile È Il Più Crudele Dei Mesi” (titolo originale: The Devil’s Home On Leave) dell’autore britannico Derek Raymond, una probabile buona lettura del Nostro.
Che forse, e sottolineo forse, raffigura se stesso nella quinta strofa quando, per bocca del protagonista, dedica un pensiero alla donna amata che perderà, volendo morire (un ricordo del suo primo matrimonio? Mah…).
Quando invece, al termine dell’ubriacatura, sul fondo della bottiglia appena terminata, si trova, come per incanto, una canzone o l’ispirazione per scriverne una, quasi lì a bella posta ad aspettarlo.
Solo strane coincidenze? Forse, chissà.
A chiosa di questa relazione, che giudizio possiamo dare a questa River Of Grog?
Il personalissimo parere del sottoscritto è che, nonostante non ci si trovi davanti ad un capolavoro, questa intima e sofferta canzone meritasse a sua volta l’inserimento nell’elenco ufficiale dell’album, in quanto espressione genuina, forte e sentita di uno stato d’animo di sofferenza degno del massimo rispetto.
Ma questo è, giustappunto, un parere personale.
E mi piacerebbe tanto sentire anche il vostro.
“Però, che storia triste, che ci hai raccontato, Capitan Knopfler! Ascolta, ma non è che quel tizio di cui parlavi sei…”
“Ragazzo, ti ho detto o no di non fare domande? Piuttosto versa, che ho la gola secca!”
“Sì, versa versa. Ed io verserei, ma il grog è finito, la bottiglia è vuota, e tu sei ubriaco!”
“Eeh, non esagerare adesso…hhmmm, e va beh. Vorrà dire che, mentre aspetto di smaltire la sbornia, ti racconterò un’altra storia!”
“Bene, questo mi piace, Capitano. Ma come farai se, alla fine di quest’altro racconto, sarai ancora sbronzo?”
“E che vuoi che sia? Vorrà dire che andrò via carponi, e seguirò il sentiero…”