Mark Knopfler - Gator Blood - Mark Knopfler's World

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Testi e traduzioni


Mark Knopfler
Privateering

Pubblicazione: 3 settembre 2012
Durata: 90min 07s
Dischi: 2
Tracce: 20
Etichetta: Mercury Records, Universal
Produttore: Mark Knopfler, Guy Fletcher e Chuck Ainlay
Registrazione: British Grove Studios di Londra, 2011-2012


Disco 1

Disco 2

Deluxe Edition bonus disc
Hill Farmer's Blues - 5:18    

Super Deluxe Edition bonus disc
Follow the Ribbon - 8:07    

Traccia disponibile con il download digitale da http://www.amazon.de


A cura di Francesco Moretti

Il viaggio di Capitan Knopfler arriva a tre quarti del suo percorso, ma gli assalti non cessano di avvenire, e quello di oggi è decisamente degno di nota.
A differenza della canzone preccedente, bella da sentire ma un po’ scarna, questa Gator Blood non è per niente facile all’ascolto, ma presenta un testo di grande spessore, capace di dare un’immagine definita e a tutto tondo del personaggio protagonista del brano.
Si tratta dell’ideale seguito di quella bellissima e triste ballata che è Back To Tupelo, presente nell’album Shangri La e dedicata ad Elvis Presley, con la notabile differenza che, stavolta, la musica utilizzata è un blues decisamente acido, e le parole tristi, ma cariche d’affetto dedicate al fu Re Del Rock And Roll, lasciano il posto alle taglienti strofe perfettamente atte a descrivere il suo manager, il Colonnello Tom Parker.
Nato Andreas Cornelis van Kuijk a Breda, in Olanda, il 26 giugno 1909, settimo di undici figli, cominciò a lavorare fin da ragazzino come imbonitore alle fiere della sua città, imparando nel contempo molte abilità che gli sarebbero servite più tardi, nell’industria musicale.
Trasferitosi a Rotterdam appena quindicenne per lavorare sulle navi, riuscì, tre anni più tardi, ad entrare negli Stati Uniti, in maniera illegale, abbandonando la nave sulla quale lavorava.
Dopo essere tornato, per un breve periodo, nel suo paese natale, van Kuijk rifece il viaggio, stavolta definitivamente, alla volta dell'America, lavorando nei circhi di laggiù per sbarcare il lunario, grazie all’esperienza maturata facendo lo stesso mestiere in Olanda.

Veniamo ora alla canzone.

A questa prima parte della vita di Parker, Mark dedica tre strofe, perfettamente descriventi l’affarista senza scrupoli, ancora in nuce, che sarebbe diventato qualche anno più tardi l’ancora signor van Kuijk.
Più precisamente, il Nostro cita con brillantezza e maestria un episodio della vita da saltimbanco di van Kuijk, avvenuto durante la sua permanenza con il circo Royal American Shows.
Egli, infatti, inventò letteralmente dal nulla un numero in cui delle (povere) galline danzavano, zampettando freneticamente, sulle note della canzone Turkey In The Straw.
Ciò di cui gli spettatori non si accorgevano era che gli sfortunati pennuti erano costretti a stare su di una piastra da cucina, scaldata fino a scottare, dall’inizio alla fine della canzone.
Già da qui si può notare il “Sangue Di Alligatore”, termine che da il titolo al brano, già facente parte del carattere del giovane prossimo impresario, cioè la capacità di fare i propri interessi ad ogni costo, non importandosene assolutamente niente del lato umano.

Dopo questo periodo, van Kuijk decise di arruolarsi nell’Esercito degli Stati Uniti, trafugando letteralmente il nome Tom Parker dall’ufficiale (Thomas R. Parker) che gli fece il colloquio, probabilmente per meglio nascondere la propria condizione di immigrato irregolare.
Prestò servizio nel 64° Battaglione di Artiglieria Costiera di stanza alle Hawaii, dal quale venne congedato poco tempo dopo, con la qualifica di disertore, per essersi assentato senza permesso dal servizio.
Di lì a qualche anno cominciò la sua carriera nell’industria musicale, dapprima lavorando per il cantante Gene Austin nel 1938, poi diventando il manager del musicista country Eddy Arnold nel 1945.
Tre anni più tardi, Parker ricevette il titolo onorario di Colonnello dal governatore della Louisiana Jimmie Davis, come compenso per la sua attività durante la campagna elettorale di quest’ultimo, utilizzandolo poi per tutta la vita.
Ma fu dal 1955 in poi, cioè da quando, per la prima volta, il Colonnello sentì parlare di un giovane cantante di Tupelo, nel Mississippi, di nome Elvis Presley, che la sua persona diventò di spicco, ridefinendo di fatto la figura del manager nell’ambito musicale.
Agendo letteralmente da padre-padrone di Presley, Parker lavorò capillarmente per la sua carriera, garantendogli scritture, partecipazioni a spettacoli televisivi famosi e, quando Elvis espresse il desiderio di fare l’attore, pure un provino alla Paramount Pictures, che portò alla firma di un primo contratto per la realizzazione di sette film.
Tutto questo, purtroppo, ebbe un costo alto, e non solo in termini economici.
Cercando la massimizzazione dei profitti, tratti addirittura anche dal periodo di servizio militare di Presley, il Colonnello ordinò al suo assistito di cambiare radicalmente stile, passando dal rocker scatenato e “pelvico” degli inizi a cantante di ballate melodiche per famiglie, e la stessa carriera cinematografica, originariamente intesa come attore di film drammatici, si ridusse alla recita di commediole allegre, con trame di sempre minore qualità.
Ma che i film o gli spettacoli del suo assistito fossero brutti, al Colonnello, non interessava.
Ciò che aveva a cuore erano i suoi profitti, che arrivarono addirittura a toccare il 50% delle entrate del suo assistito, contro una media del (più o meno) 10% richiesta dagli altri procuratori.
Il tutto con, purtroppo, la complicità succube di Presley, che non ebbe mai la forza di troncare una volta per tutte il vincolo che lo legava a Parker (forse anche per gli innegabili vantaggi economici che gli procurava), e che non mise quasi mai in dubbio la sua parola, se non in rare e notabili occasioni, come quella dello spettacolo televisivo del 1968 dove, contro la volontà del Colonnello, Elvis impose il proprio volere di esibirsi con la sua band originale (Scotty Moore alla chitarra, Bill Black al basso e D.J. Fontana alla batteria), nelle vesti del rocker ribelle che avevano contraddistinto i suoi trionfali inizi.
Tralascerò volutamente gli ultimi periodi della vita sia di Presley che di Parker, per tornare alla canzone.

A questo, che è il periodo chiave dell’esistenza di Parker, il Nostro dedica le restanti tre strofe, scritte a mio modo di vedere in maniera tagliente e magistrale, utilizzando l’usuale gergo che lo contraddistingue (e che fa scervellare noi traduttori…) quando vuole rimarcare a fondo il significato dei suoi versi.
Dapprima descrivendo mirabilmente Elvis e le grandi possibilità di facile guadagno traibili da lui.
Poi descrivendo, altrettanto mirabilmente, il Colonnello, con la sua fredda e spietata capacità di fare affari, costi quel che costi, utilizzando la sua innegabile faccia tosta e la sua capacità di abbindolare la gente, assistiti compresi, sparandone una più grossa dell’altra e, come già detto, mostrando totale o quasi disinteresse per il lato umano del rapporto tra le due parti, a favore del profitto.
Infine, lanciando un avvertimento, comprendente anche un piccolo atto di accusa nei confronti di Elvis Presley.
Perché se è vero che le colpe più gravi sono ascrivibili a Parker ed al suo modo di fare, ed è a lui, difatti, che sono dedicati i primi due versetti dell’ultima strofa, un concorso più o meno piccolo c’è stato anche da parte del grande cantante di Tupelo che, non capace di gestire il suo enorme “tesoro chiuso in una camera blindata”, si è fatto “catturare” dal suo manager, finendo per esserne succube e non avere così la possibilità di potersi esprimere secondo la propria volontà.
Ed è a Presley, difatti, che sono dedicati gli ultimi due versetti prima del ritornello.

Rimarcando la grande qualità del testo di questa canzone, contornato da una musica non di facilissimo ascolto, almeno di primo acchito, ringrazio il Nostro Capitano per questa sua ennesima conquista.
Esteriormente, magari, la nave non sarà bellissima da vedere, ma le sue stive, lasciate che lo dica, traboccano di oro e pietre preziose.
Continua così, Capitano, e buona navigazione!


Non m'importa niente di nessuno

Un rintocco, ed ecco che arrivano (1),
mentre un saltimbanco batte su un tamburo da parata.
Occhio, gente, sono un tipo avido,
ho già inghiottito tutti i pesciolini nella padella.
E no, non m’importa niente di nessuno, proprio di nessuno.

Una gallina su una piastra riscaldata, coccodè,
venite, gente, venite a dare un’occhiata.
Bel tempo in questo periodo, vero?
E tu muovi il culo, gallinella, mi hai sentito?
No, non m’importa niente di nessuno, proprio di nessuno.

Una gallina su una piastra riscaldata, vedrai come zampetta,
mi libererò di queste galline alla prima occasione buona.
Ma non lo sapete, che sono un imbroglione (2)?
Un numero con delle galline non vale un fico secco.
Non m’importa niente di nessuno, proprio di nessuno.

Ho per le mani un ragazzo di campagna, con una voce da usignolo (3),
bello, talento a palate, e sa pure ballare (4).
Quel ragazzino ha una canzone che è una bomba (5),
avrò un mucchio di soldi con pochissimo sforzo (6).
E no, non m’importa niente di nessuno, proprio di nessuno.

A forza di far trambusto, dire vaccate e tirar fregature (7),
ti abbindolerò come un pollastro.
Sono come un alligatore in agguato, nascosto nel fango,
ma lo sai o no, che non m’importa niente di nessuno?
No, non m’importa niente di nessuno, proprio di nessuno.

Mai prestare nemmeno un dollaro al tuo buon amico Tom,
Sparalegrosse è il suo luogo di provenienza (8).
Se possiedi un tesoro chiuso in una camera blindata
e lui ti cattura, beh, è tutta colpa tua.
Non m’importa niente di nessuno (9), proprio di nessuno.


Lyrics

Gator Blood

Hammer on a skillet, up they come (1),
showman whanging on a ballyhoo drum.
Watch out, people, i’m a greedy man,
swallowed all the fishes in the frying pan.
Blood, gator blood, i got gator blood.

Chicken on a hotplate, gobbledegook,
come on up, honey, and take a look.
Mighty fine weather, this time of year,
shake a tail feather, you chicken, you hear?
Blood, gator blood, i got gator blood.

Chicken on a hotplate, it’s gonna dance,
gonna lose these chickens my first chance.
Don’t you know i’m a flim-flam man (2)?
A chicken show it ain’t worth a damn.
Gator blood, i got gator blood.

I got a country boy, he’s a bird who sings (3),
butter paddle, buck ‘n’ wing (4).
Kid’s got a winner bonafide hit (5),
i’m gonna have my dinner on a spit (6).
Blood, gator blood, i got gator blood.

Hoopla, humbug, howdy-do (7),
gonna make you into chicken stew.
Alligator in the mud,
don’t you know i got gator blood?
Gator blood, i got gator blood.

Never lend a dollar to your good friend Tom,
Hogwash Holler is where is from (8).
If you got treasure all in a vault
and he gets you, baby, that’s your own fault.
Gator blood (9), i got gator blood.


(1) Un rintocco, ed ecco che arrivano… (Hammer on a skillet, up they come…):
Letteralmente “martello sul tegamino”. È chiaro, quindi, il senso del comando di Parker reso da quella espressione, in quanto a lui bastava un piccolo rintocco (del martello sul tegamino) per farsi obbedire ed ottenere quel che voleva.
(2) …un imbroglione… (…a flim-flam man…):
Derivante dal termine gergale inglese “flim-flam”, che significa “inganno, imbroglio, raggiro”.
(3) Ho tra le mani un ragazzo di campagna, con una voce da usignolo… (I got a country boy, he’s a bird who sings…):
Il riferimento, chiaro, è ad Elvis Presley.
(4) …bello, talento a palate, e sa pure ballare. (butter paddle, buck ’n’ wing.):
Di questa espressione, lo ammetto, non ho la certezza. Vado a spiegare.
Tra i tantissimi significati trovati per l’uso gergale della parola “butter” (burro), quello più vicino al contesto del brano è, detto in parole povere “bello d’aspetto e dotato di talento”.
Il fatto che, nel versetto, sia nominato anche l’utensile da cucina per spalmarlo (paddle=spatolina), mi ha fatto scegliere per la traduzione che potete leggere, sperando di non aver preso una cantonata.
Il buck ’n’ wing, invece, è una danza fatta di battiti a terra dei piedi oppure per aria dei tacchi, saltelli e giochi veloci di gambe.
Ho preferito sostituire il termine con una frase inerente il ballo, in quanto l’ho ritenuta più sensibile al contesto. Anche qui spero di non essere uscito troppo dal seminato.
(5) Quel ragazzino ha una canzone che è una bomba… (Kid’s got a winner bonafide hit…):
Il riferimento, sicuro o quasi, è ad Heartbreak Hotel.
(6) …avrò un mucchio di soldi con pochissimo sforzo. (i’m gonna have my dinner on a spit.):
Letteralmente “avrò la cena garantita in cambio di uno sputo”.
Anche qui ho tradotto in maniera non letterale, ma ritengo che il senso del contesto sia quello, quindi ho scelto la frase che potete leggere.
(7) A forza di far trambusto, dire vaccate e tirar fregature… (Hoopla, humbug, howdy-do…):
E via, continuiamo col gergo e i modi di dire (povero me…)!
“Hoopla” si traduce con “trambusto, baraonda”, “humbug” significa quel che ho scritto nella traduzione, anzi, il termine dovrebbe essere ancor più colorito, mentre con “howdy-do”, oltreché riferirci all’abbreviazione della popolare forma di saluto “how do you do”, s’intende anche “una situazione problematica e poco piacevole negli affari”.
Come quando ti tirano una fregatura, appunto…
(8) …Sparalegrosse è il suo luogo di provenienza… (Hogwash Holler is where is from…):
“Hogwash” è un altro termine gergale per “fandonie, fesserie, sciocchezze”, mentre il verbo “to holler” significa “gridare, urlare”.
Lo ammetto, Sparalegrosse è un mio adattamento assolutamente personale e discutibile, ma per il Colonnello Parker spararle grosse e ad alta voce era una delle doti più importanti per svolgere al meglio il suo lavoro, quindi mi son sentito di tradurre così.
Sappiatemi dire.
(9) Non mi importa niente di nessuno (Gator blood):
Del significato di questa espressione ho già scritto nella relazione.
Aggiungo soltanto che la derivazione è dal gioco del poker e che, oltre al significato che ho riportato, c’è anche quello di giocare in modo spavaldo, anche con pochissimi soldi rimasti, riuscendo per giunta a vincere, dimostrando, in questo modo, notevole sangue freddo.
Termino con una nota di cronaca.
Uno dei più grandi vizi del Colonnello Parker era, appunto, il gioco d’azzardo, e a causa di ciò contrasse debiti altissimi, soprattutto con l’Hotel Hilton di Las Vegas.
Fu grazie a questo che le sue ricchezze, stimate oltre i 100 milioni di dollari durante l’apice della sua attività, si ridussero ad un singolo milione al momento della sua morte.


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