A cura di Francesco Moretti
Settima canzone dell’album, e settimo caso da analizzare.
In “The Car Was The One", il Nostro rende onore ad una delle sue più grandi passioni, le corse di auto sportive.
Più precisamente, il brano trae spunto da un episodio descritto nell’autobiografia di uno dei più grandi piloti da corsa americani di tutti i tempi, Mark Donohue, intitolata “The Unfair Advantage”.
Ecco come il Nostro lo descrive:
“A quel tempo, Donohue era giovane e stava provando disperatamente a far notare il suo talento di pilota, ed era molto frustrato dal fatto di non riuscirci, di non trovare porte aperte.
Era esattamente il mio stato d’animo da giovane, quando ero disperato pur di poter suonare musica.
Come potrò mai procurarmi una buona chitarra? Ed un amplificatore adeguato? E formare un complesso?
Queste erano le domande che mi ponevo, continuamente.
Daresti la vita pur di raggiungere i tuoi scopi, ma semplicemente non riesci a farlo, e ci stai male.
Ecco, questa canzone parla del desiderio fortissimo di un giovane che vuole assolutamente seguire la sua passione.”
La forza di questi grandi sogni è resa alla perfezione, a mio modo di vedere, dalle note di apertura della canzone, suonate con una Fender Stratocaster del ’54.
Forti e isolate, come una macchina sportiva su un’autostrada in mezzo al deserto, un’atmosfera molto americana.
Il suono è molto simile a quello di Duane Eddy (“The Twang’s The Thang” come lo descrive Knopfler, riferendosi ad un disco del ’59 del grande chitarrista americano), e l’effetto sull’ascoltatore è davvero emozionante.
Mark Donohue, in seguito, riuscì a trovare le porte aperte che cercava, si unì alla scuderia del grande Roger Penske, e con quella vinse corse in diverse categorie, tra cui il trionfo nei campionati Trans-Am e Can-Am alla guida, rispettivamente, di una Chevrolet Camaro e di una velocissima Porsche 917-30 da lui sviluppata, e la vittoria nella 500 miglia di Indianapolis nel 1972 con una McLaren.
Arrivò a competere anche in Formula 1, dove purtroppo il destino gli portò via la vita durante le prove del Gran Premio D’Austria del 1975, alla guida di una March (il Nostro, a quel tempo, era in una band chiamata Cafè Racers, e tre anni più tardi avrebbe trovato il suo portone aperto con una certa Sultans Of Swing, i cui fraseggi pizzicati e velocissimi lo avrebbero fatto diventare uno dei più grandi chitarristi moderni di tutti i tempi…).
Considerato il triste destino toccatogli in sorte, si può considerare Donohue sfortunato?
Non secondo i suoi figli.
Queste le parole del primogenito David, pilota a sua volta:
“Per mio padre, la macchina, le corse e le vittorie erano tutto, nella vita.
Tutto ciò ebbe un prezzo, un prezzo tragico, alla fine, che però mio padre pagò senza esitazioni.
Credo che un artista come Mark Knopfler abbia capito alla perfezione quel tipo di attaccamento, e probabilmente avrà pagato un prezzo quasi simile lui stesso, riguardo la sua carriera.
Mio figlio Mark suona la chitarra (guarda caso…) ed è cresciuto con la musica di Mark Knopfler.
E sapere che Mark Knopfler ha trovato la vita di mio padre una fonte d’ispirazione è per me, francamente, un grande onore.”
Chiosa il secondogenito Michael:
“È una grande emozione, per me.
Mio padre sarebbe stato fiero ed onorato di venire ricordato in questo modo.”
Credo non ci sia altro da aggiungere.
Era la macchina, che desideravo
Nell’estate del ’63 tiravo a campare,
bazzicando le corse, sperando di pilotare.
Quando il weekend di gara era terminato, e caricavano le macchine,
non riuscivo ad avere un lasciapassare, così me ne andavo al bar.
Sono lì, in un angolo, che sorseggio una birra,
e indovina chi entra, ridendo e scherzando?
Nientemeno che Bobby Brown (1), il vincitore della corsa di auto sportive, con alcuni amici e una ragazza, mamma mia, lei attirò gli sguardi di tutto il locale.
Bobby era un ragazzo selvaggio - un’estate
abbatté il muro di un motel a martellate.
Era capace di tutto - una notte, per vincere una scommessa,
corse attraverso un campo di granoturco alla guida di una Corvette.
Pensai: “Dev’essere eccitante essere così,
con quella bella ragazza, ed essere il re della pista."
Ma la verità è che, alla fine della storia,
era la sua Cobra (2), che volevo - era la macchina, che desideravo. Era la sua Cobra, che volevo - era la macchina, che desideravo.
Era la macchina, che desideravo - era la macchina, che desideravo.
Lyrics