Mark e soci raccolgono i soldi in prestito da amici e parenti e registrano le prime cinque tracce (Wild West End, Sultans of Swing, Down To The Waterline, Sacred Loving e Water of Love) agli Pathway Studios di Londra, completate poi dalle altre registrate tra settembre e novembre dello stesso anno (Southbound Again, In the Gallery e Six Blade Knife, Setting Me Up, Eastbound Train e Real Girl).
Come diremo dopo, l’album è in controtendenza rispetto allo zeitgeist imperante sul finire degli anni ’70: Mark Knopfler propone un rock che i critici definiranno ‘pub rock’, gradevolmente melodico con alcune inflessioni rockabilly, folk e country. I suoni sono molto puliti, adatti alle esibizioni nei locali chiusi, appunto, dove l’esecuzione deve essere necessariamente meno assordante di quanto non si usasse fare all’epoca. Il gruppo seleziona solo nove tracce, in ognuna delle quali dominano la voce e la chitarra di Mark, ancora acerbe ma dotate di grande freschezza e originalità. Siamo in piena epoca punk, abbondano le chitarre distorte, le creste colorate e il trucco sugli occhi. Mark propone nove canzoni distanti dallo stile chitarristico e di canto di quegli anni. La voce di Knopfler è fresca, essenziale e squillante, non presenta ancora quel timbro scavato e vissuto che contraddistingue i suoi lavori maturi da solista. La sua chitarra richiama i suoni e lo stile di Hank Marvin e di James Burton (fonti di ispirazione che Mark non ha mai negato), ma con un tocco di originalità che faranno di Mark Knopfler uno dei chitarristi più completi e riconoscibili di tutto il secolo. La sua chitarra percorre tutto l’album alternandosi con la voce in parti ritmiche o solistiche suonate sempre con grande maestria. Ed è questa la sua caratteristica principale: Mark non si ferma mai, non va mai in secondo piano, occupa tutta la ribalta cantando o facendo vibrare le corde della sua Stratocaster rossa, che pizzica con le dita e con insolita abilità per quegli anni.
L’assolo di ‘Sultans of swing’ diventerà un classico per tutti i chitarristi, sarà riproposto da centinaia di musicisti e rielaborato attraverso varie tecniche per i 40 anni successivi. Sebbene la figura di Mark occupi buona parte della scena, l’ottima riuscita dell’album in termini di vendite e di critica è legata anche all’abilità di Pick Withers alla batteria, di David Knopfler alla chitarra ritmica e di John Illsley al basso.
Tra le tracce di maggior successo, ‘Down to the waterline’ propone un racconto nostalgico (ma non troppo!) dei tempi dei primi amori vissuti al porto di Newcastle tra banchine, portoni neri, jeans strappati e tasche vuote.
‘In the Gallery’ è dedicata a Harry Phillips, padre di Steve, chitarrista e grande amico di Mark. Harry fu un artista assai celebrato dopo la morte, ma misconosciuto e sottovalutato mentre era in vita. Mark nel testo esprime tutta la sua insofferenza verso la critica ingrata e ipocrita rispetto al lavoro di un artista genuino e di grande livello, condannato all’eterna frustrazione di non veder riconosciuti i propri lavori se non dopo la sua dipartita.
Di ‘Sultans of Swing’ Mark ricorda:
"I thought it was dull, but as soon as I bought my first Strat in 1977, the whole thing changed, though the lyrics remained the same. It just came alive as soon as I played it on that '61 Strat which remained my main guitar for many years and was basically the only thing I played on the first album and the new chord changes just presented themselves and fell into place" [Wikipedia].
"Ho pensato che fosse noiosa, ma appena ho comprato la mia prima Stratocaster, nel 1977, il tutto è cambiato anche se i testi sono rimasti gli stessi. [La canzone] Prese vita non appena la suonai su quella Stratocaster del '61, che rimase la mia chitarra principale per molti anni ed è stato praticamente l'unica che ho suonato nel primo album. I nuovi accordi si presentarono da sé e immediatamente tutto andò al suo posto”.
L'ispirazione per la canzone viene da un episodio realmente accaduto: un piccolo gruppo jazz suonava in un angolo di un pub praticamente deserto a Deptford, a sud di Londra. Alla fine della loro performance, il cantante annunciava ai pochissimi spettatori che loro erano i sultani dello swing, e Mark trovò interessante il contrasto tra l’immagine sciatta e poco attraente del gruppo e quel titolo grandioso e divertente con cui si erano autoidentificati. In realtà la canzone presenta anche molti risvolti autobiografici, risalenti ai tempi in cui Mark e soci si esibivano nei locali di Newcastle e Londra per compensi appena sufficienti a pagarsi una birra a fine serata, o a mettere la benzina nella macchina di John.
Formazione
Mark Knopfler - Voce, Chitarra solista e ritmica
David Knopfler - Chitarra ritmica, Seconde voci
John Illsley - Basso, Seconde voci
Pick Withers - Batteria
John McVie - Basso in "Water Of Love" (musicista aggiunto)